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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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mercoledì 28 febbraio 2018

IL PIANO NEVE COMUNALE FATTO COL "COPIA E INCOLLA"


Se la città è uscita non troppo provata dalla nevicata lo deve più alla poca neve caduta e al fatto che il fenomeno si sia verificato di notte, a città ferma, e che già all’inizio della mattina fosse tutto finito con un bel sole che ha rapidamente ripulito le strade. 
Perché il Piano “speditivo” della Raggi - varato lo scorso 7 dicembre - è né più né meno che un copia e incolla dei precedenti piani redatti (a costo zero) dall’allora capo della Protezione civile comunale, Patrizia Cologgi, con qualche cambio di parola. Ma niente di più: soprattutto nessuna convenzione sottoscritta con le aziende, per cui la corsa al noleggio degli spalaneve costerà almeno 500mila euro alle casse comunali. 
Primo problema è proprio la Protezione civile capitolina: in tutti questi mesi, i grandi impegni della Raggi non hanno consentito al Campidoglio di nominare un capo della Protezione Civile che è affidata ad interim a Diego Porta, comandante dei Vigili, che, pur da ottimo funzionario, non può gestire i pizzardoni di giorno e la Protezione civile di notte. Cosa, tra l’altro, evidenziata al Sindaco in più di un’occasione. 
I piani emergenziali sono fermi tutti quanti o a quelli redatti da Marino, o da Alemanno o addirittura all’epoca di Veltroni. E il Piano Neve non fa eccezione. Del resto, basta scaricarlo dal sito internet comunale e confrontarlo con le precedenti versioni per accorgersi del copia e incolla
Il risultato è l’esercito che dovrà rimuovere il restante ghiaccio, sperando che non arrivi la seconda, annunciata, nevicata. E che il sale che nelle ultime ore è stato sparso sulle strade è proprio quello comprato da Alemanno nel 2012. Cui la Raggi, all’ultimo secondo utile, ha aggiunto altri sacchi acquistati in fretta e furia sul mercato. E, ancora: che il tanto decantato monitoraggio degli alberi è stato smontato da una decina di centimetri di neve. Non c’è strada a Roma dove non ci siano rami spezzati a terra e solo per fortuna non ci sono state conseguenze più gravi. E gli interventi dei Vigili Urbani, almeno in queste ore, si sono limitati a recintare con il nastro giallo alberi e rami caduti. E a proposito dell’impiego dei caschi bianchi: “Ancora non è stato varato il piano di reperibilità per i Vigili urbani - afferma sconsolato Gabriele Di Bella, storico dirigente sindacale della Polizia locale - e così si cercano agenti per coprire i buchi con gli straordinari. Un evento previsto è diventato un’emergenza”. Fabrizio Santori, FdI in Regione, denuncia: “abbiamo foto del deposito di via Montebruno rigorosamente chiuso con cataste di sacchi di sale inutilizzati” e Giancarlo Righini, l’altro FdI in Regione, che rilancia: “Pullman Cotral fermi nel silenzio di Zingaretti”. 
Altro tasto dolente: Atac. Sulle 1300 vetture su gomma che quotidianamente costituiscono la flotta circolante della municipalizzata del trasporto, ce ne sono circa la metà dotate di gomme termiche con un investimento non inferiore ai 2,5 milioni di euro in copertoni invernali. Eppure, nonostante questi numeri (le 700 vetture prestano servizio sulle linee principali) anche il trasporto pubblico è andato in tilt con lunghe attese alle fermate. 

martedì 27 febbraio 2018

NEVE/ALEMANNO: "IO CI HO MESSO LA FACCIA, VIRGINIA NO"



Sotto un certo aspetto, ci sono enormi differenza fra questa nevicata e quella del febbraio 2012”.

Gianni Alemanno, ex Sindaco di Roma, è passato alla storia anche per la vicenda della neve che bloccò la Capitale per alcuni giorni. In che senso “enormi differenze”?
Evito di fare riferimento al famoso fax della Protezione civile in cui si equivocavano le dimensioni del fenomeno nevoso con la storia dei centimetri e dei millimetri, ma qui la questione è che ieri la nevicata è iniziata a notte fonda e nelle ore iniziali della mattinata era già finita. Non solo, ma alle 10 di mattina già c’era il sole e in un paio d’ore di neve sono rimaste solo tracce sui tetti o sugli alberi, comunque in strada niente più”.

E nel 2012?
Nel 2012 il primo vero problema nacque con l’orario di inizio della nevicata: a metà mattinata. Le previsioni dell’epoca ci avevano comunicato che avremmo avuto alcune ore di pioggia all’inizio della giornata, poi un paio d’ore di interruzione di qualunque fenomeno e quindi, dopo l’ora di pranzo, l’inizio della nevicata. Noi avevamo tarato tutta la macchina organizzativa comunale su questo modello previsionale. Come poi tutti ricordano, non ci fu pioggia e già alle 10 di mattina c’erano venti centimetri di neve”.

Però non può venire a dirci che fu solo quello il problema: un errore nei tempi e basta può mandare una città in tilt per giorni?
All’epoca anche noi chiudemmo le scuole, con il Pd che ci accusò di fare allarmismi. Ma la differenza di orario, invece, ha un enorme impatto: il prefetto di Roma, all’epoca Giuseppe Pecoraro, non volle fermare gli uffici pubblici la cui chiusura spetta alla Prefettura e non al Sindaco. La nevicata iniziò a metà mattina, quindi, quando gli uffici erano pieni. La gente, visto quel che veniva giù, scappò tutta insieme a casa, finendo per intasare le strade e bloccando anche tutti i mezzi di emergenza che faticosamente stavano muovendosi per Roma”.

Questa sembra molto un’autodifesa: Lei ritiene di aver fatto tutto il possibile o di aver sottovalutato il problema?
Non è un’autodifesa ma la semplice ricostruzione dei fatti. Roma ha una macchina “antineve” inesistente: nevica così di rado che sarebbe totalmente impossibile prevedere acquisti di spazzaneve. La Corte dei Conti banchetterebbe su una Giunta che facesse una cosa simile. Per di più, la città è talmente estesa e geograficamente complessa che non è che ce la caveremmo con una decina di mezzi. Ne servirebbero una decina a Municipio. Impensabile”.

Ma avete sottovalutato il problema all’epoca?
La prima nevicata procurò sicuramente problemi. La seconda, no. E tanto è vero che tutti i funzionari capitolini che all’epoca lavorarono per giorni per affrontare l’emergenza neve oggi sono stati richiamati tutti all’operatività dalla Giunta Raggi, tant'è che il sale utilizzato oggi è in parte quello del 2012. Evidentemente, se non altro dal punto di vista dell’esperienza acquisita, hanno potuto garantire un livello di servizio elevato”.

Quindi, Lei ritiene che la Sua Giunta non sbagliò nulla?
Ovviamente ci furono errori, come ce ne sono sempre quando si è chiamati ad affrontare per la prima volta un certo tipo di emergenza. Ricordo che l’ultima volta in cui si verificò una vera nevicata prima del 2012 era il 1986. Oltre tutto noi scontammo anche altri due fattori che, oggi, la Raggi non ha avuto”.

Quali?
In primo luogo, nel 2012 la Protezione Civile di Bertolaso era stata smantellata, anche a seguito di inchieste giornalistiche e giudiziarie poi terminate in un’enorme bolla di sapone. E, quindi, all’epoca venne varato un modello più “leggero” di Protezione Civile, quello guidato dal prefetto Gabrielli. Questo - insieme alla decisione del prefetto Pecoraro di non ordinare preventivamente la chiusura degli uffici, cosa che la Raggi non ha scontato - ha ulteriormente indebolito l’efficienza della risposta”.

E la seconda?
Beh, noi avemmo una nevicata molto più consistente in termini di durata e di quantità di neve caduta. Ieri sono caduti più o meno una decina di centimetri di neve. Che, come dicevo prima, in un paio d’ore s’è sciolta quasi del tutto. Da noi nevicò per giorni: basti pensare che si bloccò anche il Grande Raccordo Anulare”.

Le polemiche dei 5Stelle però non l’hanno risparmiata.
Io ci misi la faccia, con tutti i pro e i contro. Non andai in Messico anche sapendo che era in arrivo un’emergenza di questo tipo. Questione di stile”.

sabato 24 febbraio 2018

RINVIATO IL REGOLAMENTO SUGLI IMPIANTI SPORTIVI COMUNALI

Avevano indetto una conferenza stampa in pompa magna, il sindaco, Virginia Raggi, l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, e il presidente della Commissione Sport, Angelo Diario, scomodando i Musei Capitolini per presentare il nuovo Regolamento sugli impianti sportivi comunali quasi fosse già approvato. Alla fine, invece, nella più strana seduta convocata in notturna (senza che si fosse sotto approvazione di Bilancio) che si sia mai vista, il Regolamento, scritto da Diario, al voto non ci è proprio arrivato. Rinviato a una successiva seduta, probabilmente martedì, con la discussione neanche iniziata.
Anche perché Segretariato generale e Dipartimento Sport del Campidoglio in realtà avevano consegnato i rispettivi pareri solo sul testo originale della delibera, depositato a fine novembre e non sui successivi emendamenti. Un testo iniziale duro, fortemente contestato dai concessionari degli impianti comunali già pronti a ricorrere al Tar. Così duro che, dopo mesi di incontri e tentativi di chiarimenti, Diario, con molto sano pragmatismo, aveva corretto, presentando una serie di emendamenti (alla fine saranno 51) in parte proposti da concessionari, Coni e Fdi. Solo che gli emendamenti, consegnati agli uffici per i pareri solo il 19 sera, hanno ricevuto pareri per metà negativi (24 no su 51 proposte); pareri negativi peraltro non tutti di natura tecnico formale ma anche stranamente di senso politico.
Una sorpresa giunta proprio alle 18 di giovedì sera, all’inizio della seduta di Consiglio.
Dopo un paio d’ore di altalena sul filo del numero legale, parlando di debiti fuori bilancio e di mozioni, al momento di aprire le danze sul testo del Regolamento, è arrivato il passo indietro.
Formalmente, su richiesta delle opposizioni - segnatamente del consigliere di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo - di fatto “per evitare di chiudere la seduta per mancanza del numero legale e doverla riconvocare magari nella mattina”, dice De Priamo e così, intorno alle 22 di giovedì si sono spente, per ora, le luci su questo testo.
Su carta, se non ci saranno ulteriori sorprese, se ne riparlerà martedì, a 5 giorni dal voto per le elezioni politiche e quelle regionali. Una scadenza che, per buon senso, dovrebbe suggerire di rinviare tutto alla settimana successiva, visto, soprattutto, che non vi sono scadenze improrogabili cui dover dare risposta.
Una chiusura legata al problema delle presenze del gruppo 5Stelle: Cristina Grancio, la pasionaria dell’Urbanistica, e Gemma Guerrini, salita alla ribalta per la vicenda del Cinema America, sono ai margini della vita del gruppo consiliare, in posizione sempre più critica e defilata. Entrambe assenti con la Guerrini per giunta malata, come in malattia sono Fabio Tranchina e Monica Montella. Quattro assenti che abbassano pericolosamente la maggioranza 5stelle sul filo del numero legale: non a caso, oramai, le opposizioni hanno adottato la tattica di essere presenti in aula, intervenire nella discussione, ma non votare obbligando, quindi, i grillini a rimanere compatti sui proprio scranni per non andare sotto.
E giovedì sera, complice una mozione legata alla legittimità del servizio di notifica dei tributi comunali attualmente svolto da Poste Italiane ha portato la consigliera Agnello - già legale per Poste Italiane - a doversi astenere dal partecipare al voto per conflitto di interessi. Risultato, maggioranza sotto, “salvata” dal voto contrario di Svetlana Celli (Civica Giachetti) orchestrato da Andrea De Priamo (FdI) che ha concordato con la maggioranza grillina il rinvio del Regolamento ad altra seduta in cambio del mantenimento del numero legale. Piccoli trucchi d’aula. Martedì ci si riproverà con il consigliere Diario che ha già stilato un sub emendamento che tiene conto dei pareri degli uffici: “La sostanza di ciò che abbiamo presentato in conferenza stampa con il Sindaco e l’assessore Frongia non cambia. Confermiamo tutte le indicazioni circa le novità contenute nel nuovo testo, la più grande delle quali è che per la prima volta, a differenza dei due precedenti testi del 1995 e del 2002, si interrompe il regime degli affidamenti provvisori”.

Chiosa la Celli: “Mentre i consiglieri di questa maggioranza si dilettano con i giochi di prestigio, risulta impossibile capire quale sia il testo finale e quale la strategia sullo sport del M5S a Roma”.

DALLA GIUNTA RAGGI VIA LIBERA ALLA VARIANTE PER IL PONTE DEI CONGRESSI








La conferenza dei servizi si era chiusa a dicembre, pochi giorni dopo quella sullo Stadio della Roma di Tor di Valle. Ora, atto fondamentale per poter proseguire nell’iter approvativo, la Giunta Raggi ha approvato la delibera di variante urbanistica per il Ponte dei Congressi, l’opera che - con i “buoni uffici” dell’ex assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini - è stata utilizzata dai 5Stelle come grimaldello per smontare la delibera Caudo sul pubblico interesse al progetto Stadio di Tor di Valle. 
In sostanza, perché pagare un secondo ponte (Traiano) dando in cambio cubature quando ne abbiamo un altro (Congressi) già pagato dallo Stato e distante dal primo meno di un paio di chilometri? Che poi i due ponti abbiano funzioni differenti e diversi effetti sul traffico, poco importa. Basta per “tagliare le cubature” e le tre torri di Libeskind assurte a simbolo del male.
Dopo l’approvazione in Giunta, “la delibera di variante  urbanistica passerà dalla Commissione Urbanistica per poi essere adottata dall’Assemblea Capitolina”, spiega l’assessore all'Urbanistica capitolina, Luca Montuori. Quindi, due mesi fra pubblicazione degli atti e tempi di presentazione delle osservazioni da parte di cittadini e comitati, prima delle controdeduzioni nuovamente da adottare con voto di Consiglio. A quel punto, un trimestre, la variante sarà effettiva.
Nel frattempo, però, gli ingegneri di Risorse per Roma che hanno disegnato il progetto, dovranno adeguarlo alle prescrizioni emerse in Conferenza dei Servizi: un po’ quello che in queste settimane stanno facendo i tecnici della Roma per correggere e integrare il progetto Stadio. 
Variante e progetto del Ponte dei Congressi adeguato alle prescrizioni, poi, dovranno tornare all’esame del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici - che già l’aveva di fatto bocciato nella prima versione - per l’approvazione definitiva. Solo a quel punto, si potrà procedere con le gare d’appalto, la loro assegnazione e il via ai lavori.   

L’obiettivo dell’intervento - si legge nella nota diffusa dal Campidoglio - è la realizzazione di un nuovo sistema infrastrutturale che risolva le attuali criticità presenti nel nodo Ponte della Magliana–Viadotto della Magliana prevedendo la realizzazione di un sistema infrastrutturale ad anello che utilizza in direzione Roma il nuovo ponte e in direzione Fiumicino il ponte esistente della Magliana, organizzato in quattro corsie a senso unico di marcia”. 
Insomma, il viadotto della Magliana sarà percorribile solo dalla Colombo verso Fiumicino mentre il Ponte dei Congressi solo dall’Autostrada Roma-Fiumicino in direzione via del Mare. Confermando così la sua totale inutilità ad assorbire i flussi di traffico all’uscita dal futuro Stadio. 
Si legge ancora nella nota stampa del Comune: “È inoltre prevista la realizzazione di una rampa di uscita sulla via del Mare in direzione Ostia/Stadio di Tor di Valle e di una rampa di uscita sulla Via Ostiense in direzione Roma. Sono previsti interventi di sistemazione di un tratto di via della Magliana, di un tratto di via del Mare–via Ostiense e dell’intersezione tra Viale Egeo/Via Oceano Pacifico/Via dell’Oceano Indiano. L’intervento di realizzazione del Ponte dei Congressi prevede inoltre la realizzazione del nuovo sistema infrastrutturale stradale; miglioramenti e adeguamenti alle viabilità esistenti poste in adiacenza al nuovo sistema infrastrutturale; realizzazione di un sistema ciclopedonale; riqualificazione delle banchine del Tevere nei tratti in adiacenza al Ponte della Magliana e al nuovo Ponte dei Congressi”.
Nessuna traccia della viabilità accessoria di connessione all’uscita del Ponte con tutto il quadrante, cosa che determinerà, secondo le simulazioni sul traffico realizzate proprio per il progetto Stadio, il potenziale intasamento del Ponte stesso per carenza di via di sfogo delle auto in colonna.
E non poteva mancare la strizzatina d’occhio elettorale del Sindaco: “Oggi abbiamo fatto un ulteriore passo nei tempi corretti per il coordinamento di tutte le procedure necessarie per dotare la città e il quadrante delle adeguate infrastrutture e vedere avvicinarsi il sogno di cittadini e tifosi per #unostadiofattobene”, scrive la Raggi.

venerdì 23 febbraio 2018

BERDINI VS STADIO, IL FACT CHECKING DELLE SUE AFFERMAZIONI

Non bastasse il libro da poco pubblicato, l’ex assessore all’Urbanistica della Giunta Raggi, Paolo Berdini, torna a parlare del progetto Stadio della Roma di Tor di Valle. In questo caso, dai microfoni di Centro Suono Sport. 
Questa la sua verità:

Perché l’area Tor di Valle per il M5S prima non andava bene e ora invece è idonea? Lei è contro lo stadio della Roma?
L’amministratore pubblico applica le leggi dello Stato. Io non sono contrario alla costruzione dello stadio, e negli incontri con la Roma ho proposto altri siti perché quell’area era sbagliata. La risposta è stata sconcertante, perché mi dissero che quell’area era stata validata dal Comune. 

FACT CHECKING: Quindi, Berdini prima parla dell’applicazione delle leggi dello Stato, poi dichiara candidamente di ignorarle: quando propone una localizzazione alternativa, o ignora o finge di ignorare che la legge 147/2013 (“legge Stadi”) assegna al privato l’incombenza di scegliere l’area dove realizzare l’intervento. E al Comune di assentire o dissentire. Cosa ci sia di “sconcertante” nel fatto che il Comune abbia dato il suo OK con la Delibera Marino, Berdini dovrebbe chiarirlo meglio. 

“Quella delibera diceva che almeno il 50% degli utenti dovevano essere serviti dei servizi di trasporto, ma lo sfioccamento della metropolitana era impossibile. Io da tifoso della Roma voglio lo stadio, ma in altri luoghi come hanno fatto la Juventus e l’Udinese. Tor di Valle è il deserto, se invece lo stadio venisse fatto verso Tor Vergata o la Romanina, i cittadini potrebbero beneficiare delle strutture del progetto. Io sono stato messo nella condizione di non poter manovrare”.

FACT CHECKING: Tralasciando precedenti incarichi di Berdini proprio con società costruttrici operanti in quella zona, e l’ostinazione sulle aree alternative, il parallelo con la Juventus è fuorviante. I bianconeri hanno ottenuto dal Comune di Torino, a un prezzo decisamente non proprio esoso, il terreno dello Stadio e, da alcuni questi mesi, sono in corso trattative con l'amministrazione comunale per costruire un allargamento del tutto in modo analogo a quanto proposto dalla Roma (area commerciale). 

Si farà lo stadio?
Mi auguro che non venga fatto. Nel progetto che io ho avuto l’onere e il piacere di visionare c’era all’interno del pacchetto delle opere una spesa a carico nostro di 7 milioni di euro per le pompe idrovore. Quando piove l’area di Tor di Valle si riempie perché è un bacino: è normale costruire su quel terreno? Io mi auguro che non venga scelta questa area scellerata che mettere a rischio l’incolumità dei cittadini.

FACT CHECKING: La storia delle pompe idrovore è un'altra perla visto che rientrano nell’elenco delle opere a standard, vale a dire quelle che qualunque costruttore è obbligato a fare per legge, in modo analogo a parcheggi, verde, fogne, illuminazione. Quindi il Comune non paga assolutamente nulla. Era così con la versione Marino del progetto ed è ancora così con la versione Raggi. Per di più, Tor di Valle non si è mai allagata: non c’è traccia, ad esempio, di una sola corsa di cavalli sospesa o rinviata per impraticabilità della pista. Torri dell’Eur, Città dei Giovani, Mercati Generali, Stadio, Fiera di Roma, Caserme di Guido Reni, Uci Cinema Fermi, l’elenco dei progetti "toccati" da Berdini è infinito. Come infiniti rischiano di essere i miliardi di euro di risarcimenti che potrebbero abbattersi sulle casse del Campidoglio per i vari ricorsi presentati proprio contro le decisioni assunte da Berdini assessore, ricorsi alcuni dei quali già in stato assai avanzato. Chiedere a Montuori e all’avvocatura capitolina per chiarimenti e delucidazioni. 

La figura di Lanzalone? 
L’avvocato Lanzalone – consulente per l’amministrazione – ha chiuso la trattativa con la Roma alle mie spalle, convincendo il Movimento che era contro lo stadio. Per questo ho lasciato l’amministrazione Raggi, perché mi avevano messo da parte. Non capisco come abbiano cambiato idea nel giro di nove mesi. Noi stiamo costruendo un quartiere in una zona dove non c’è interesse pubblico a fare il ponte non inserito nel progetto.

FACT CHECKING: No, lui ha lasciato l’Amministrazione Comunale perché il sindaco, Virginia Raggi, in un sussulto d’orgoglio l’ha cacciato dopo l’intervista rilasciata al collega de La Stampa, Federico Capurso. Uno scandalo che Berdini ha tentato in ogni modo di negare, arrivando ad accusare il collega pur di salvarsi. 

Il ponte dei Congressi?
Il ponte dei Congressi è un’opera fondamentale dal mio punto di vista. Mi sono attivato per sbloccarlo. Per salvare l’abusivismo, lo sfiocchiamo facendo un grande anello. Centoquaranta milioni nostri per costruire questo ponte.

FACT CHECKING: Il ponte dei Congressi è stato sbloccato da Renzi con lo Sblocca Italia. Era la fine del 2015. Berdini all’epoca faceva altro. Ed è un’opera inutile, nata vecchia come pensiero (risale all’inizio degli anni 2000), che non risolverà il nodo traffico di quel quadrante – forse potrà a mala pena alleggerirlo – e che manca della progettazione e del finanziamento relativo alla viabilità accessoria, cosa che rischia di bloccare il traffico direttamente sul ponte stesso.  Opera che non servirà allo Stadio, visto che all’uscita il Ponte dei Congressi sarà contro mano. 

Il ponte di Traiano?
Vedremo se il ponte non serve. La Roma dovrà dire agli organi dello Stato che non servirà e che verrà garantita comunque l’incolumità dei tifosi e dei cittadini.

FACT CHECKING: Veramente è il Comune che deve dirlo, non la Roma. L’”osservazione B7” del verbale finale della Conferenza dei Servizi pone in capo al Comune la scelta se fare il ponte di Traiano oppure no. In questo caso, però, il Campidoglio dovrà garantire che gli effetti che il Ponte avrebbe sortito, siano garantiti da altri interventi. Che il Campidoglio non sa quali possano essere e che, quindi, stanno bloccando – con la motivazione (fondata) della mancanza di un impegno inderogabile del Governo a finanziare l’opera – il processo di adozione della variante urbanistica. 

CAMPIDOGLIO, SALTA APPROVAZIONE NUOVO REGOLAMENTO IMPIANTI SPORTIVI

5Stelle sotto il numero legale (23 presenti), 
salvati dall’opposizione. 
Pareri contrari degli uffici al nuovo testo.



Alla fine del nuovo regolamento sugli impianti sportivi comunali se ne riparlerà in qualche prossima seduta: l’Assemblea Capitolina - convocata in seduta notturna con spesa per straordinari di Vigili e personale comunale - ha finito per essere rinviata. Di fatto per mancanza del numero legale: solo 23 grillini presenti in Aula e solo l’intervento dell’opposizione (voto contrario di De Priamo di Fratelli d’Italia) ha evitato l’ufficializzazione del numero. E questa è una notizia: i 5Stelle, dopo i crolli nei Municipi VIII e III e gli scricchiolii nel IV e V, iniziano a trovare difficoltoso mantenere addirittura il numero legale in Consiglio, complici anche le frizioni politiche con le due (quasi) eretiche consigliere, Cristina Grancio e Gemma Guerrini
Fatto sta che la questione del numero legale ha finito comunque per agevolare i pentastellati: 30 emendamenti (su 36) che il presidente della Commissione Sport, Angelo Diario, ha presentato al testo del Regolamento (predisposto da… Angelo Diario) non avevano infatti ottenuto il via libera degli uffici del Dipartimento Sport e, in qualche caso, anche del Segretariato generale.
Accordo, quindi, per rinviare (in cambio del voto contrario a una mozione ed evitare la caduta del numero legale) con le opposizioni. 
Minimizza Diario: "Abbiamo depositato un subemendamento per recepire le osservazioni del dipartimento e quindi non c'è alcun problema procedurale”. 
Subemendamento, però, che gli uffici non avrebbero ancora valutato.
Noi saremmo disponibili a fare anche le 5 del mattino - ha proseguito Diario - ma siamo d'accordo con le opposizioni a rinviare la discussione al primo Consiglio utile perché si tratta di una delibera talmente importante che tutti devono avere il giusto tempo per valutare i documenti”.
E sì che lo scorso 15 febbraio il sindaco, Virginia Raggi, l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, e lo stesso Diario avevano intrattenuto la stampa parlando delle meraviglie del nuovo regolamento come fosse già stato approvato.

RISORSE PER ROMA, SPESE FOLLI E POCHI RISULTATI



In uscita Massimo Bartoli, presidente e amministratore delegato di Risorse per Roma, lo è da maggio dello scorso anno. Ma l’inerzia dell’Amministrazione Raggi nell’identificare e poi nominare un successore ancora tiene l’ex Direttore Esecutivo del Campidoglio nell’era Marino ben saldo sulla poltrona che gli assegnò proprio l’ex Sindaco Pd della città. 
Nel frattempo, però, il valore e il numero delle pratiche lavorate per il Condono edilizio (una delle incombenze base che Risorse per Roma compie per conto del Campidoglio insieme all’assistenza sull’Urbanistica, all’affrancatura del diritto di superficie e alla progettazione ingegneristica) scende clamorosamente: nel 2013, anno di pieno regime della Società dopo le ristrutturazioni avviate nella consiliatura Alemanno, era di poco più di 10 pratiche di condono esaminate (quasi 8mila accolte e oltre 2.200 respinte) per un controvalore di circa 19 milioni di euro. Nel 2015, ultimo anno della gestione Marino, le pratiche lavorate erano calate a poco più di 9mila, meno di 7mila accolte (-13%) e sempre 2.200 respinte, per un valore di 17 milioni con un meno 11% rispetto a due anni prima. Nel 2017 la situazione è ancora più drasticamente peggiorata: appena poco più di 6mila le pratiche lavorate (-34% rispetto al 2015 e -40% sul 2013) con un calo tanto di quelle accolte, quanto di quelle respinte e un controvalore che perde quasi il 20% sul 2017 e addirittura il 27% sul 2013 attestandosi poco sotto i 14 milioni di euro. 
Anche il contratto di servizio scema di valore: nel 2013 il Campidoglio pagava a Risorse per Roma 54 milioni annui ora si è scesi a 42 milioni. 
Eppure si registrano anche tante incongruenze: segretarie che percepiscono la bellezza di 6.741 euro di busta paga lorda. È il caso di I.F.T. assunta a tempo indeterminato nel 2009 come “quadro”, vale a dire con diploma e categoria retributiva “C”, con il compito di “assistenza all’Amministratore delegato”. All’epoca, la paga base era di 1400 euro e un superminimo di 2819 euro che, con contingenze, indennità e altro, portava il totale a 4918 euro lordi al mese. La busta paga di ottobre, invece, registra un superminimo quasi raddoppiato: dai 2800 euro del 2009 si è passati a ben 4018 del 2017. 
Non bastassero le segretarie con stipendi decisamente consistenti, ci sono altri elementi che imporrebbero al Campidoglio (e all’Inps) una rapida e approfondita indagine. Escludendo persone colpite da gravi malattie, si registrano altissimi tassi di assenteismo: nell’ultimo anno ci sono dipendenti che hanno accumulato addirittura 140 giorni di assenza. 
È il caso di E.P. che, però, è in buona compagnia: M.C. ne segna 120, L.P. 110, F.S. 101. L’elenco si chiude con S.C., al quattordicesimo posto, con 35 giorni di malattia accumulati nell’ultimo anno. In sostanza c’è chi sta a casa un giorno su 10 e chi arriva a rimanerci anche quasi uno su due. Non è dato di sapere se Risorse per Roma abbia mai richiesto all’Inps visite fiscali: trattandosi di una controllata pubblica RpR è comunque soggetta alle normative stabilite dalla legge Madia. Ma a differenza di altre società pubbliche, il Contratto di Lavoro prevede che Risorse per Roma paghi il 100% dello stipendio quando si è in malattia con un costo di centinaia di migliaia di euro l’anno. 
Oggi Risorse per Roma conta circa 630 dipendenti: un numero cresciuto a dismisura nell’era Alemanno quando alle circa 300 unità lavorative originarie si sommarono più o meno altrettante persone provenienti dalla società Gemma che si occupava di condoni edilizi cui seguirono poi un’ottantina di persone incaricate di effettuare la vigilanza nei Villaggi della Solidarietà (campi rom). Proprio fra questi ultimi, scesi nel frattempo a 76 persone, si registrano altissimi livelli di assenza dal lavoro. Ogni giorno, su 76 dipendenti, per malattie, ferie, permessi, assistenza a parenti invalidi ai sensi della legge 104, ne mancano 10 (dato più o meno uguale nel 2015, 2016 e 2017) con punte di 19 assenti nei mesi di agosto del 2015 e 2016 e di oltre 20 nell’agosto 2017.

giovedì 22 febbraio 2018

STADIO FLAMINIO, DA MARINO A RAGGI I PROGETTI NAUFRAGATI



Forse il fondo lo si è toccato a inizio febbraio, il 2, quando dentro lo Stadio Flaminio venne rinvenuto il cadavere di un cingalese senza fissa dimora picchiato a morte, secondo la ricostruzione dei Vigili Urbani, da un connazionale arrestato dalla Polizia Locale una settimana dopo. E quel giorno il Campidoglio decise di spostare immediatamente la vigilanza dentro l’area del Flaminio, togliendola dal Palazzetto dello Sport. 
La lenta agonia del Flaminio, però, va avanti da oramai un quinquennio abbondante: a inizio 2013 il Comune incaricò Risorse per Roma di predisporre uno studio di fattibilità per rilanciarlo dopo la fine dell’esperienza del rugby e del Sei Nazioni. Il cambio amministrazione del 2013 portò il progetto di Risorse per Roma ad essere chiuso in un cassetto e il nuovo assessore allo Sport di Marino, Luca Pancalli, tentò un accordo con la Federazione Gioco Calcio per destinare l’impianto a “casa madre” delle nazionali giovanili. Progetto rimasto sulla carta. 
Il Campidoglio è il proprietario della struttura sulla quale, però, grava il vincolo dei Beni Culturali di “interesse artistico e storico”, lo stesso che la Eichberg avrebbe voluto imporre sull’ippodromo di Tor di Valle. Non bastasse, agli eredi del progettista, Pier Luigi Nervi, detengono, tramite la Fondazione Nervi, i diritti morali e la proprietà intellettuale dell’opera: hanno, in sostanza, l’ultima parola su qualunque progetto di riqualificazione o ristrutturazione venga presentato. Lo stesso diritto che qualcuno avrebbe voluto riconoscere all’erede di Lafuente, progettista dell’Ippodromo di Tor di Valle. Zero soldi della proprietà (Comune), vincolo dei Beni Culturali e diritti degli eredi Nervi hanno fino ad ora reso vano qualunque tentativo di ristrutturare e riqualificare l’impianto. 
L’attuale Amministrazione ha tentato di mettere mano al problema: prima con la partecipazione a un bando della Fondazione Getty. Bando vinto con il quale verrà finanziata la realizzazione di un studio per predisporre il (futuro nuovo) progetto di riqualificazione dell’area. Le prime polemiche arrivarono poche settimane dopo l’insediamento della Giunta Raggi: a luglio 2016 il capogruppo di Fratelli d’Italia, Fabrizio Ghera, attaccò duramente l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, e l’allora assessore al Bilancio, Minenna, accusandoli di aver cassato un finanziamento di 6,5 milioni di euro destinati a riqualificare l’impianto. La risposta fu che 6,5 milioni non bastavano. Da allora, più o meno ciclicamente, arriva l’annuncio della “nuova vita” del Flaminio. In genere se ne occupa l’assessore Frongia: “Abbiamo iniziato il percorso di riqualificazione dello stadio”, annuncia il 3 gennaio 2017. “Stiamo ricevendo molte idee da soggetti privati e pubblici per il Flaminio. Stiamo studiando la soluzione migliore. Vogliamo restituire ai cittadini il Flaminio al più presto” ed era il 14 marzo 2017. Ad aprile, il 6, sopralluogo di Frongia nell’impianto con la spiacevole sorpresa di discrepanze fra le planimetrie in mano del Campidoglio e i lavori effettivamente effettuati negli anni. In quell’occasione, Frongia: “andiamo avanti per ridare decoro al Flaminio”. Ad agosto: “Con la famiglia Nervi abbiamo subito collaborato per riportare lo Stadio Flaminio agli antichi splendori”
Poi il 31 ottobre: “Se entro la fine della nostra consiliatura non avessimo iniziato con i lavori per la riqualificazione del Flaminio sarebbe grave” ma intanto se ne farà un parcheggio temporaneo per i pullman turistici. Pochi giorni fa, presentando alla stampa il nuovo regolamento per gli impianti sportivi che inizia oggi la discussione in Aula, “l’auspicio è di poter dare notizie entro poche settimane”. 

I MUNICIPI GRILLINI IN CRISI











giovedì 15 febbraio 2018

ULTIMA CHIAMATA PER CAPANNELLE


È il più grande impianto sportivo di proprietà del Comune di Roma. Per 72 anni è stato gestito ininterrottamente da una sola società, la Hippogroup. Ora, complice il nuovo regolamento sugli impianti sportivi che la maggioranza 5Stelle, presentato dal presidente della Commissione Sport, Angelo Diario, porterà in Aula al voto presumibilmente martedì prossimo, l’Ippodromo di Capannelle sta per entrare in un cono d’ombra da cui potrebbe uscire ridotto come il Flaminio. 
Andiamo per ordine. Dimentichiamo le scene del film Febbre da Cavallo e le gesta (che tra l’altro si svolgevano a Tor di Valle) di Mandrake e del Pomata: da molti anni quel mondo non c’è più e i cavalli sono in crisi. 
In tutto il Lazio ci sono una quindicina di grandi allevamenti che regalano alle piste un paio di migliaia di cavalli: sono più o meno 1500 gli animali che corrono al galoppo e intorno ai 500 quelli impiegati nel trotto. 
A Capannelle si corre cinque volte a settimana: martedì, venerdì e domenica al galoppo e il mercoledì e il sabato al trotto. E proprio quest’ultima specialità - complice la chiusura di Tor di Valle nel 2013 - è l’ultima entrata a Capannelle dove, anche su richiesta dell’Amministrazione comunale, sono stati approvati e compiuti i lavori di creazione della pista del trotto, accogliendo cavalli e fantini di Tor di Valle ed evitando così che l’ippica, già duramente colpita dalla crisi, subisse anche i contraccolpi della fine dell’ippodromo del Mandrake.
Cinquantamila, più o meno, gli appassionati di cavalli: l’equivalente di una medio-alta partita all’Olimpico in fatto di afflusso di tifosi. E un giro d’affari, almeno per Capannelle, che a stento raggiunge i 5 milioni di euro l’anno, tutto compreso. 
Un centinaio, fra part e full time, i dipendenti della Hippogroup e più o meno 400 le altre figure professionali che ruotano intorno al settore: veterinari, stallieri, venditori di mangimi, vigilanza: Capannelle costa più o meno 6 milioni di euro l’anno, fra sicurezza, manutenzione, illuminazione, canone al Campidoglio. Canone che, nel 2013, venne fissato dal Tribunale fallimentare in una procedura di concordato analoga a quella oggi intrapresa per Atac in circa 50mila euro, invece degli originari 2 milioni stabiliti dal Comune quando i cavalli ancora “tiravano”. E che oggi il Campidoglio a trazione pentastellata vorrebbe nuovamente incassare. 
I conti, però, non tornano: 6 milioni i costi di oggi, 4 milioni Il contributo che il Ministero delle Politiche agricole versa all’Ippodromo, un milione o poco più il guadagno dalle attività e, quindi, in totale ogni anno Capannelle sta sotto di almeno mezzo milione di euro. Insostenibile con la richiesta di 2 milioni di canone. Anche perché la Hippogroup ha presentato un progetto per dotare di illuminazione la pista del trotto al fine di poter fare gare d’estate, quando per le norme di tutela degli animali, i cavalli possono correre solo nelle ore di frescura, tanto che gli allenamenti terminano alle 5 di mattina. Progetto che, pur avendo ottenuto il via libera dalla conferenza dei servizi, non ha mai incassato l’ok finale del Campidoglio. 
A novembre scorso, poi, il Dipartimento Sport ha adottato una determina dirigenziale con la quale, entro sei mesi, vista la scadenza della concessione, richiedeva indietro le chiavi della struttura. Per procedere, non appena approvato il nuovo Regolamento sugli impianti sportivi comunali, a pubblicare un nuovo bando per assegnare Capannelle. L’approvazione del progetto di illuminazione avanzato da Hippogroup, invece, qualora approvato con le vecchie norme, avrebbe consentito un prolungamento quasi automatico della concessione. Ad andare via, però, la Hippogroup non ci pensa proprio: è stata presentata al Tar un ricorso contro la decisione del Campidoglio di richiedere le chiavi con tanto di risarcimento danni.